Di recente una delegazione del collettivo Io l’8 ogni giorno ha partecipato ad un incontro indetto dal Servizio violenza domestica del Dipartimento di giustizia e polizia con le associazioni e la società civile. Gruppi che, in maniera volontaria, si occupano del tema della violenza domestica e di genere.
Dopo un primo saluto in video del Consigliere di Stato Norman Gobbi, in cui l’onorevole ha ribadito che la questione tocca tutti e tutte e il lavoro del servizio violenza domestica è prezioso, ha preso parola la direttrice della Divisione della giustizia, la quale ha sottolineato – quasi fosse una lieta novella – come non vi siano stati, in questi anni, investimenti finanziari specifici nella lotta alla violenza domestica. Per fortuna che la questione tocca tutte e tutti, altrimenti invece di provare a fare senza aumentare i costi, forse si tagliavano pure le poche risorse allocate!
Dopo una prima introduzione alla Convenzione di Istanbul, di cui si suppone le presenti, tutte impegnate nella lotta alla violenza, ne conoscano i contenuti, e una presentazione della campagna 16 giorni in previsione del 25 novembre, altra giornata dedicata all’eliminazione della violenza sulle donne, si è passati ai fatti “concreti”, messi in atto senza risorse….
Notevole la narrazione effettuata nella presentazione: con un certo abuso dei superlativi, si è detto che, seppur senza soldi, si è fatto tantissimo! Un messaggio rassicurante, in particolare sulla qualità dei servizi offerti dal Cantone, che a costo zero riescono a garantire la necessaria professionalità. Rassicurante anche per l’importanza che, nonostante quello che si dica, viene effettivamente riservata alla tematica della violenza domestica.
Si è detto che esistono moltissimi progetti per prevenire la violenza nelle Scuole, anche alle medie e superiori, ma l’unico citato è “Sono unico e prezioso”, che sappiamo essere rivolto alle elementari ed essere stato oggetto di un’interpellanza di Cotti e Speziali che, timorosi dell’ideologia gender, hanno indebolito fortemente la possibilità di fare prevenzione. Ma questo è meglio non dirlo, altrimenti il discorso superlativo diventerebbe realistico.
Ma oltre a questi bellissimi e tantissimi progetti di cui si sa poco o niente e che non sono certo merito del servizio violenza domestica, ma opera di singoli o di associazioni; quindi, sorti da iniziative private e da lavoro volontario, è importante ricordare che moltissime delle misure del Piano d’azione cantonale sono state implementate…. Anche senza fondi!
Si vede che la scelta era troppo vasta, visti i tantissimi successi, perché la direttrice si è limitata a fare un solo esempio di misura, a suo dire, concreta. Si è detto che nei luoghi di assistenza sanitaria vi è una presa a carico tempestiva e adeguata – senza specificare cosa si intenda per “adeguata” – in previsione della realizzazione futura di centri antiviolenza – senza dare indicazioni temporali. Nell’attesa, è stato detto, è in corso una formazione rivolta al personale sanitario (obbligatoria? Facoltativa? Finanziata da chi? Tenuta da chi?) per raccogliere le prove che confermano una violenza. Chissà se questa, la raccolta di prove, è la presa a carico adeguata o se possiamo aspettarci di meglio. In ogni caso, è davvero una misura implementata e concreta!
Un altro aspetto rassicurante è che non c’è da preoccuparsi, è stato anche detto, il Cantone c’è. Mentre si proferivano queste belle parole, nello schermo comparivano i numeri per chiedere aiuto: 144: l’ambulanza e 117: la polizia. Niente di nuovo, tutto uguale. Si è spiegato che il numero per le vittime di violenza è “difficile” da attivare a livello federale e, dopo essere stato recentemente procrastinato, vedrà forse la luce nel 2026. Intanto, nonostante si sia sostenuto che il Ticino è all’avanguardia in Svizzera – povere noi! – in altri cantoni, dove sono state investite risorse reali per la prevenzione e protezione, esiste già un numero da contattare e le donne non sono costrette a rivolgersi alla polizia. Ah, già, la polizia, che ora svolge corsi di formazione. Tutti e tutte? Chissà quanto durano? Pare un paio di giorni… proprio quello che serve, visti i 18 femminicidi dall’inizio dell’anno in Svizzera e la constatazione, molto triste, del fatto che gli assassini, nella metà dei casi, erano noti alle forze dell’ordine.
L’incontro è stato voluto per uno scambio di idee con le associazioni della società civile, probabilmente nella speranza di carpire qualche bel progetto di origine privata e proporsi come partner senza portafoglio e poi, in un secondo momento, magari parlarne come misura concreta messa in atto senza fondi. Non è andata benissimo, visto che tutti gli interventi, più che proposte, hanno messo in luce le molte carenze e lacune che ancora restano senza soluzione. Ma le presenti sono state rassicurate, il Servizio violenza domestica ci mette il “cuore”, visto che non ci sono altre risorse. Il fatto che si segnalino problemi invece che fare proposte, è un sintomo grave dell’insufficienza del Servizio che, ci si augura, possa correre ai ripari, per esempio, pretendendo a gran voce l’investimento di maggiori risorse.
A ripensarci però, una proposta concreta dalla sala è pervenuta: il rappresentante di Agna ha chiesto che non si dimenticasse la violenza sugli uomini, perché questi sono il 25 % delle vittime di violenza domestica. Con tali premesse, una mente semplice potrebbe pure pensare che esista un 25% di donne violente che picchiano i propri uomini, nonostante le statistiche federali indichino che i reati violenti siano opera di uomini nel 96% dei casi. Non è poi nemmeno corretto parlare di uomini, visto che molte delle vittime maschili sono minorenni e, se ci si riferisce a femminicidi, non si può parlare, come ha invece fatto la Direttrice della Divisione della giustizia, di persone (sic!). I femminicidi colpiscono le donne per il fatto di essere donne e se questo non è chiaro alle istituzioni che si occupano di violenza domestica, è molto problematico.
In realtà è questa la questione più preoccupante, a parte la narrazione da bacio perugina che purtroppo non corrisponde alla realtà, vi è, da parte delle istituzioni e anche dei media, la tendenza a parificare un fenomeno, cioè la violenza domestica e sulle donne, che è ben diverso nella sua natura storica e strutturale per incidenza e pervasività. Manca la volontà o forse addirittura la capacità di dare una lettura di genere al fenomeno della violenza.
A noi del collettivo è quindi sorta una domanda, semplice ma chiara: se il servizio di violenza domestica si riferisce alla Convenzione di Istanbul, che è sorta per l’eliminazione della violenza contro le donne e promuove la campagna 16 giorni (poi per 349 ne facciamo a meno della sensibilizzazione) in previsione del 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, perché considera sullo stesso piano la violenza subita dai maschi? Come concilia questa discrepanza concettuale il servizio violenza domestica?
Si è farfugliato qualcosa per eludere la domanda, ma non è stata data una vera e propria risposta. Ma d’altronde, è stato ripetuto più volte, non ci sono risorse.