Abbiamo denunciato, ma…

16 Aprile 2023 | La rivoluzione è fica!

I fatti

Nel giugno del 2022 il Collettivo Io l’8 ogni giorno ha preso pubblicamente posizione contro l’organizzazione del concerto di Fabri Fibra a Lugano. La nostra azione, che voleva sensibilizzare l’opinione pubblica in merito ai contenuti e quindi al messaggio violento e sessista presente nei testi del rapper italiano – ospite addirittura della più importante istituzione culturale del Cantone, ha suscitato l’attenzione dei media locali che hanno intervistato alcune di noi. 

Nei giorni successivi siamo state vittime di attacchi di odio digitale:

Un certo Manuel ci ha scritto: 

“Porcoddio ma svegliatevi voi e i vostri discorsi del cazzo, lottare per la parità è giusto come per esempio negli stipendi ma porcodio fibra è un cantante e voi dovete rompere i coglioni anche su questo, ma fatevi i cazzi vostri diocane.”

Mentre un tale dal nome Andrea Gazza ci ha comunicato la sua illuminata opinione in un mail avente per oggetto “Ma che cazzo voi, a lesbicaaaa” dal seguente contenuto:

“Imparate a comprendere i testi prima di dire che Fibra è omofobo, muove più soldi lui in un giorno che voi tutte durante la vostra vita, mantenute del cazzo, andate a spompinare che è più ludico come impiego del tempo! Dannate femminazi”.

Leggere queste parole ci ha fatto molto arrabbiare; sono messaggi ostili, ingiuriosi e denigratori, oltre che chiaramente sessisti.

La nostra reazione

Abbiamo immediatamente risposto alle mail, chiedendo agli autori di porre delle scuse, altrimenti saremmo state costrette a denunciare l’accaduto.

Non avendo ricevuto nessuna risposta, abbiamo deciso di procedere contro i due mittenti (di cui di uno si conosce solo il nome e dell’altro l’indirizzo e-mail) perché i messaggi ricevuti sono gravi e abbiamo ritenuto giusto impegnarci nella denuncia, anche per cercare di prevenire altri messaggi da parte di questi due uomini contro altre donne o gruppi di persone impegnati per cause che costoro non comprendono o non condividono. Un altro motivo che ci ha spinte ad agire è stata la volontà di capire e verificare cosa succede davvero quando si sporge una denuncia di questo tipo, per appurare se le leggi in vigore sono adeguate e se la risposta della polizia può ritenersi soddisfacente. 

Nei due messaggi ricevuti ci sono delle pesanti offese, delle esternazioni totalmente infondate, discriminatorie ed ingiustificabili che prendono di mira persone singole e un gruppo di persone in base all’orientamento sessuale in forma di molestie sessuali.

In questi messaggi vi sarebbero i fondamenti per applicare quanto sancito agli articoli 173 e 177 del Codice penale (per Diffamazione e Ingiurie) e anche all’articolo 198 del Codice penale (per Molestia sessuale). 
Vi è anche la mancata applicazione di alcune Convenzioni internazionali che la Svizzera ha firmato e ratificato, in particolare la Convenzione di Istanbul. 

Le istituzioni

A gennaio 2023, dopo mesi di attesa, siamo state contattate dalla Polizia cantonale e convocate per avere informazioni su quanto fatto da parte degli agenti fino a quel momento e per decidere se e come procedere.

Purtroppo, l’agente che abbiamo incontrato ci ha spiegato che la Polizia cantonale non ha avuto nessun successo nell’individuazione dei due mittenti e non c’è stato nessun riscontro nelle banche dati a loro disposizione. Di conseguenza la denuncia è divenuta contro ignoti e, data l’impossibilità di procedere, ci siamo viste costrette a ritirarla.

Abbiamo avuto molte difficoltà nel reperire le informazioni necessarie alla stesura della denuncia, abbiamo cercato supporto presso alcune associazioni e organizzazioni, ma nessuna di esse tratta specificamente i messaggi di odio digitale relativi alla discriminazione di genere, e questo ha reso le cose ancora più difficili. 
Ci siamo dovute armare di molta tenacia per scrivere il testo della denuncia, purtroppo senza ottenere nessun risultato concreto.

La mancanza di articoli di legge adeguati a perseguire un caso specifico come il nostro è un grave problema. I messaggi di odio sono un reato diffuso e in Svizzera, come in molti altri paesi europei, donne attive nella sfera pubblica ricevono sempre più spesso delle aggressioni online che non vertono sul lavoro svolto o sull’ideologia politica, ma che sono dirette contro il loro corpo, la loro sessualità e la loro sfera privata. Non sono poche quelle che si scoraggiano e pensano di ritirarsi dalla vita pubblica per preservarsi da attacchi simili o peggiori di quelli ricevuti dal Collettivo. 

Per noi e per tutte le donne che sporgono denuncia è un grande smacco – dopo esserci impegnate per realizzare la documentazione relativa alle leggi nazionali e internazionali e per cercare di descrivere i fatti dettagliatamente –  ricevere dalla polizia un silenzio lungo sette mesi e un non luogo a procedere.

La mancanza di protezione per le donne

È evidente che la società legittima atteggiamenti del genere e vi sono persone che, in base a una cultura patriarcale e maschilista come la nostra, si sentono autorizzate a scrivere insulti sessisti e la polizia non può o non vuole fare nulla. 

Chi commette queste violenze online si nasconde vigliaccamente dietro l’anonimato che internet può garantire a causa di leggi inadeguate e insufficienti, oltre che dalla scarsità di personale specializzato e dall’impotenza della polizia. È quindi evidente che non si possono colpevolizzare le donne che decidono di non denunciare, ma il problema vero è la mancanza di risorse e soprattutto di volontà nel proteggere tutte le persone e i gruppi da attacchi e discorsi di odio. 

Le donne a volte scelgono di non denunciare anche perché sanno che probabilmente non ci sarà un seguito reale al loro caraggio e i responsabili resteranno impuniti

Molte donne, e sempre di più spesso ragazze e ragazzine, sono confrontate con la violenza online, che è un problema in costante crescita. Per fare un esempio nel 2019 in Italia è stato calcolato che il 63% dei tweet di odio era rivolto contro le donne. 

La violenza online ha caratteristiche inedite a cui il diritto è incapace di fornire risposte. La dimensione digitale della violenza contro le donne riguarda un’ampia gamma di atti commessi online o tramite supporti tecnologici di una vastità tale che non esiste un termine in grado di comprenderli tutti. 

Come collettivo Io l’8 ogni giorno chiediamo delle leggi al passo con i tempi e misure concrete per combattere gli attacchi d’odio online basati sul genere!

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