Un accanimento morboso e colpevole

5 Aprile 2022 | Lottiamo ogni giorno

È in corso un processo per stupro di gruppo a Lugano, e il Collettivo Io l’8 ogni giorno esprime tutto il suo sostegno a chi ha trovato la forza di denunciare, e tutto il suo sdegno invece per le cronache intrusive e offensive che violano la sfera privata della vittima e di tutte le persone coinvolte. 

Ogni dettaglio umiliante è un’ulteriore ferita inflitta a chi ha già subito le peggiori violenze.

Tutti i media riportano cronache dettagliate dei fatti, dell’accusa, delle affermazioni degli imputati, e persino sulla vita privata delle persone coinvolte e sul loro aspetto. Il ruolo della cronaca giudiziaria su casi di violenza sessuale e di lesioni dell’integrità psichica e sessuale, ammesso che possa esser legittimata, è definito dalle leggi sulla protezione delle vittime e dal Codice penale come garanzia dell’equo svolgimento dei dibattimenti. Non vi è alcun diritto, anzi vi sarebbero molti limiti e divieti, di accanirsi a riferire dettagli sulle aggressioni sessuali, sulle vite private e sul comportamento delle persone coinvolte. 

“Basta con la vittimizzazione secondaria e terziaria, basta con la mediatizzazione di processi sensibili, basta con l’accanimento sui dettagli morbosi. 

Basta con gli abusi mediatici e politici e pubblici delle vite di chi ha già subito abusi.”

 È l’appello lanciato da una vittima di un altro caso di violenza carnale e coazione di gruppo. Un appello che il Collettivo Io l’8 ogni giorno  sottoscrive appieno. Ed è quanto esigerebbero le normative federali e internazionali a protezione delle vittime di reati.

Tutte le cronache minuziose e intrusive che leggiamo e sentiamo in questi giorni sull’ennesimo processo per stupro, sono complici di un’ulteriore violenza del tutto ingiustificata e ingiustificabile. 

Indipendentemente dall’esito della sentenza, si tratta di un episodio di una gravissima violenza che ha ferito per sempre la vittima nella sua integrità.

Una donna coraggiosa e forte che ha deciso e trovato le risorse per denunciare. E che ora si trova condannata a subire gli attacchi, i commenti, le intrusioni e le umiliazioni delle cronache insensibili e indifferenti che stanno inondando i media e i social.

“Questa non è informazione! Questo non è il modo di trattare certi temi. Questa non è prevenzione, è un sopruso. E rischia solo di far desistere altre donne, altre vittime, dallo sporgere denuncia.”

È quanto confermano anche i dati e gli studi di cui invece nessun media vuole parlare. Per ogni denuncia depositata in polizia, in Svizzera bisogna stimarne almeno altre 10 che non emergono, che non vengono neppure segnalate. I dati pubblicati a fine marzo dalla statistica federale di polizia attestano 1477 denunce per stupro o coazione sessuale. Perciò si devono considerare tra 15’000 e 18’500 reati sessuali della massima gravità solo nel 2021!

I risultati dello studio del gfs Bern del 2019 sulla diffusione della violenza sessuale in Svizzera lo dimostrano con estrema chiarezza: il 12% delle donne adulte (sopra i 16 anni) ha già subito rapporti sessuali. Atti subiti, e dunque senza il loro consenso. Il gfs esattamente 3 anni fa (nel maggio 2019) parlava di 430’000 donne vittime di stupro nella popolazione Svizzera.

Solo l’8% delle vittime ha denunciato le violenze subite. I motivi più frequenti per non denunciare sono proprio i timori per la gogna mediatica e pubblica, le difficoltà di affrontare un procedimento penale, e le reazioni delle persone attorno a sé.

“Infierire sulle vittime, rendere ancora più logoranti i procedimenti, mettere in circolo per sempre dettagli intimi, sono tutte forme di ulteriore violenza e vittimizzazione.

Fanno desistere le vittime dal denunciare e contribuiscono a proteggere le persone abusanti!”

Non dovremmo sapere assolutamente nulla delle circostanze e delle dinamiche e dei vissuti precedenti delle persone coinvolte. L’unico elemento importante è che non sono i fatti ad essere contestati ma la loro rilevanza penale.

È un’ulteriore conferma dell’urgenza di rivedere il Codice penale!

È indispensabile sancire il principio del consenso: “solo sì significa sì”!

È del tutto discriminatorio, aggressivo e offensivo stare a stigmatizzare la vittima per non aver reagito con sufficiente impeto per dire che non era consenziente.

Urgono strumenti di sostegno e protezione delle vittime anche da questi attacchi supplementari e servono finalmente misure di prevenzione efficaci per contrastare la violenza sessuale!

La Convenzione di Istanbul è in vigore già da 4 anni, dal 1° aprile 2018, ma né le autorità e neppure i media intendono impegnarsi a rispettarla.

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