Non per amore

6 Ottobre 2021 | La rivoluzione è fica!, Lottiamo ogni giorno

Leggendo la cronaca locale di ieri e oggi sembra sia stata inflitta una condanna per stalking ad un uomo che perseguitava la moglie; eppure lo stalking* non è ancora un reato in Svizzera, pur essendo un problema grave, diffuso e ampiamente sottovalutato. 

Notizie di questo tipo quindi potrebbero non solo confonderci le idee facendoci pensare che lo stalking sia un reato nel nostro paese, ma pure illuderci di poter essere protette qualora una cosa simile succeda anche a noi.


Il portale online Tio.ch riporta la notizia in questione con tale titolo:

Mentre il quotidiano La Regione sceglie quest’altro titolo:  

(Sorgerebbe una prima domanda sull’uso delle virgolette da parte dei giornalisti, che però resterà senza una risposta ;-))

Infine il Corriere del Ticino decide di usare per titolo un’affermazione, dal tono paternalistico, del giudice che ha emesso la sentenza:

L’uomo è stato condannato per ripetuta coazione (art. 181, CP) perché è arrivato ad aggredire fisicamente e a tentare il sequestro della moglie, che solo in conseguenza della gravità dei gesti del marito ha potuto ottenerne prima l’allontanamento e poi l’incarcerazione. 

Se invece lo stalking fosse un reato in Svizzera, la donna avrebbe avuto maggiori strumenti legali per proteggersi e la crescente violenza delle azioni dell’uomo avrebbe potuto essere fermata prima e/o sarebbe verosimilmente stata punita in maniera più severa. 

Riportare delle notizie in modo così impreciso in relazione ad un tema così importante, è fuorviante e pericoloso, perché nasconde il problema sociale delle molestie nei confronti delle donne e cela le lacune giudiziarie che devono essere urgentemente colmate per garantire maggiore protezione a tutte le persone vittime di violenza.

Una narrazione rassicurante

Leggendo gli articoli si può notare che tutti e tre i media non mancano di dilungarsi nei dettagli relativi al molestatore, ricordando come l’uomo appena entrato in aula abbia subito affermato:  «Non volevo fare male a mia moglie, ma non accettavo che dopo 33 anni di matrimonio la nostra relazione si interrompesse. Abbiamo cresciuto 4 figli. In carcere sono sostenuto da una psichiatra». 

Una considerazione che permette a chi legge di entrare in empatia con il molestatore, il quale, in fondo, stava soffrendo per “amore”. E chi non ha mai sofferto per amore? Potrebbe quindi essere facile pensare che se lei non lo avesse lasciato, lui non sarebbe mai arrivato a fare cose simili, per concludere che, almeno un po’ di colpa, ce l’ha anche lei.

I già citati media, continuando nell’attenuazione delle colpe dell’uomo, ricordano poi che costui si è detto pentito e ha promesso di non molestare più la donna. Beh, sinceramente, chi, reo confesso, in tribunale e a rischio condanna, affermerebbe il contrario? 

Ma i media ci propongo una narrazione degli eventi rassicurante, che ci induce a pensare che la violenza sulle donne non sia un problema strutturale della società patriarcale, ma piuttosto una questione individuale legata ad un malessere momentaneo di un uomo la cui unica colpa sembrerebbe di essere accecato d’amore per la moglie. 

Una lettura più attenta permette però di scoprire che all’uomo era già stato imposto un distanziamento dalla moglie e il divieto di contattarla. Malgrado ciò, costui si appostava sotto casa della donna, la inseguiva, la minacciava, la tallonava in auto, la aggrediva fisicamente, arrivando a minacciarla di ridurla sulla sedia a rotelle. Infine, nel mese di marzo 2021, ha persino tentato di sequestrare la donna, che per fortuna è riuscita a scappare.

Chiediamocelo, per favore, e se non fosse stato così? Se lei non ci fosse riuscita? Qualsiasi risposta ci vogliamo dare, fa paura solo iniziare a pensarla.   

Chi soffre davvero?

Perché di fronte ad una storia simile si continua a sottolineare il punto di vista dell’autore giustificandone l’agire con la sofferenza amororosa? Ma cosa c’entra l’amore con la violenza psicologica e fisica?

Proviamo ad immaginare che sofferenza ha invece provato la donna che ha subito tutto ciò. Quali ferite e traumi ha vissuto? Quanta paura ha dovuto vivere? Che livello di esasperazione ha raggiunto per ottenere un provvedimento di allontanamento del marito? Come è stata e come sta questa donna oggi? Come si sente? Chi la protegge? Anche per lei è previsto un sostegno psicologico oppure è un privilegio riservato ai molestatori? 

Le donne che vivono forme di violenze anche meno gravi di queste, subiscono dei danni a livello psichico e fisico, come disturbi post traumatici da stress, depressioni, disturbi d’ansia, somatici, gastro-intestinali, del sonno o alimentari, cefalee, nonché una riduzione della produttività e della capacità di concentrazione. Il desiderio di proteggersi da molestie e persecuzioni ha spesso anche conseguenze sociali: la vittima è costretta a cambiare le proprie abitudini e tende ad isolarsi.

Il problema dovrebbe essere affrontato anche e soprattutto da questo punto di vista, per sensibilizzare l’opinione pubblica al fine di garantire un aiuto gratuito ed efficace in strutture specializzate e gestite da personale adeguatamente formato, allo scopo di offrire sostengo a tutte le donne che vogliono ritrovare un po’ di serenità dopo una traumatica esperienza di violenza. 

Richieste che il collettivo femminista Io l’8 ogni giorno ha chiaramente espresso nella sua prima quaderna: Libere dalla violenza. Piano d’azione femminista per l’eliminazione della violenza sulle donne.

Ritorno in libertà

Ironia della sorte, il giorno della condanna ha preceduto quello del ritorno alla libertà per l’uomo. Infatti, nonostante una condanna a diciotto mesi, i primi sette sono già stati scontati in carcere preventivo dopo il tentato sequestro della donna e i restanti undici sono con la condizionale.

Per lui e per ora, resta in vigore l’obbligo di mantenere almeno 200 metri di distanza dalla moglie.

Un’imposizione che l’uomo in passato non ha saputo rispettare, riuscirà a farlo ora?

Ma soprattutto, sarà sufficiente a proteggere la donna? E lei riuscirà a stare tranquilla sapendolo nuovamente in libertà? 


* È STALKING

Lo spettro delle azioni di stalking è ampio e spazia da comportamenti apparentemente innocui ad aggressioni fisiche gravi fino al femminicidio.

Ecco un elenco con i principali atteggiamenti che caratterizzano lo stalking:

cercare il contatto e la vicinanza personale p.es. tramite telefonate, e-mail, SMS e altre forme di comunicazione elettronica continue e indesiderate; inviare insistentemente regali indesiderati, 

appostarsi, osservare e pedinare la vittima p.es. davanti al posto di lavoro; pianificare incontri casuali e far sapere alla vittima che è osservata, 

• introdursi nell’abitazione della vittima p.es. per sottrarre oggetti che le appartengono e indagare sulle sue attività quotidiane, 

coinvolgere persone terze p.es. interrogandole e stabilendo un contatto indiretto con la vittima tramite il suo contesto sociale o facendo in modo che contribuiscano alle molestie, 

agire in nome della vittima, p.es. effettuare ordinazioni in suo nome, 

rovinare la reputazione della vittima p.es. diffondendo informazioni o voci false sul posto di lavoro o su Internet; pubblicare fotografie o informazioni indesiderate sui social media, 

intimidire, minacciare, aggredire p.es. proferendo ingiurie e minacce verbali esplicite nei confronti della vittima o di suoi familiari; commettere violenza su animali domestici; danneggiare, imbrattare o distruggere proprietà della vittima; minacciare il suicidio, 

costringere, usare coazione e violenza p.es. ricattando, sequestrando e molestando fisicamente o sessualmente la vittima. 

Lo stalking è più diffuso di quanto comunemente si creda: in Svizzera una donna su sei e un uomo su venti ne sono vittima almeno una volta nella vita. 


Hai una storia di molestie che vuoi raccontare in forma anonima? Non esitare a scriverci per un contatto, puoi inviarci il tuo testo oppure possiamo sentirci e la tua storia la scriviamo noi! Ti garantiamo assoluta riservatezza!

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