Il mio parto non è stato facile. La testa di mia figlia era troppo grande per un parto naturale e ho dovuto essere sottoposta a un cesareo d’urgenza. In un’altra epoca certamente saremmo morte entrambe.
Prima di passare al cesareo, il medico ha effettuato la manovra di Kristeller per provare un’ultima volta a far nascere la bambina in maniera naturale. Questa manovra, che oggi è altamente sconsigliata perché non è esente da rischi, tra i medici viene chiamata “l’aiutino”.
Mentre il medico mi “aiutava”, io non vedevo nulla. Mio marito invece, che assisteva al parto, ne rimase altamente impressionato e me lo raccontò per anni.
Dopo la gravidanza, la mia pancia non è più stata la stessa. Non mi riferisco all’aspetto estetico, che se non per un certo gonfiore nella parte bassa non è cambiato un granché, quanto piuttosto ai dolori allo stomaco che ho avuto per i dieci anni successivi e ai problemi digestivi e gastrointestinali che si sono aggravati con il tempo.
Viste le mie nuove difficoltà digestive, mi sono rivolta più volte al mio medico di fiducia, manifestando dolori e sofferenza. Purtroppo, non ho trovato l’ascolto professionale che mi aspettavo: in diverse occasioni sono stata liquidata con una diagnosi che iscriveva il mio malessere in un ambito psicosomatico, dovuto allo stress.
Se inizialmente ho pure potuto crederlo, il proseguire della mia sofferenza mi ha fatto sentire incompresa dal mio medico che, di fronte alle mie insistenze, mi ha proposto una visita specialistica. Anche in questo contesto sono stata liquidata con la panacea dello stress.
In fondo noi donne siamo queste creature emotive, che facilmente si lasciano sopraffare dagli eventi e che non riescono a gestire il dolore, quindi si lamentano per un nonnulla. Ecco, questo è quello che ho percepito.
Dal canto mio, mi sono subito accorta che la mia pancia non era più la stessa e presentava al tatto e sotto sforzo un buco all’altezza dell’ombelico. Intanto, con il passare degli anni ho continuato a soffrire e ho sviluppato delle intolleranze alimentari, prima al frumento e poi anche ai latticini.
Nonostante un’attenzione sempre crescente alla mia alimentazione e scelte oculate che mi evitassero di stare troppo male, i miei dolori alla pancia non si sono placati.
Da sola, ho scoperto che esiste una patologia che si chiama diastasi dei retti addominali ed è fisiologica nel primo anno e mezzo dopo una gravidanza, ma può divenire patologica se persiste.
Nonostante io dicessi al mio medico di essere convinta di soffrire di diastasi e che i miei malesseri potessero essere una diretta conseguenza di tale patologia, la mia ipotesi non è mai stata considerata possibile perché, a detta sua, “ero solo una delle tante che si fa le diagnosi leggendo informazioni in internet”.
Dopo le mie numerose insistenze, mi ha mandato finalmente – e avrebbe dovuto farlo prima -da un altro medico, che mi ha proposto una ecografia all’addome e ha scoperto non solo la lacerazione dei muscoli addominali, confermando così la mia autodiagnosi di diastasi, ma trovando pure la presenza di un’ernia ombelicale, quale diretta conseguenza.
Questo tipo di disturbi sono tipici delle donne che hanno avuto una gravidanza, ma sono ancora poco conosciuti e studiati e, come successo a me, sottovalutati.
Mi sono sottoposta quindi ad un intervento chirurgico che mi ha tolto l’ernia ombelicale, rimesso in sede l’intestino e rischiuso la parete addominale nella sua interezza.
Ho passato cinque giorni in ospedale e non ho potuto lavorare per altre cinque settimane.
Ci sono dei gruppi di donne in facebook dove ci si scambia consigli. Molto spesso capita che a questo disturbo si associ anche un inestetismo, per cui molte donne vengono indirizzate verso un chirurgo plastico, il quale è in grado di risolvere sia il disturbo della diastasi sia l’inestetismo attraverso un’addominoplastica, ma quest’ultima non è rimborsata dalla cassa malati.
Questa patologia colpisce tante donne e provoca dolori addominali, dolori lombari, vari problemi digestivi, incontinenza. La diastasi può essere trattata tempestivamente attraverso una fisioterapia mirata o successivamente con un intervento chirurgico, ma fintanto che questa patologia sarà poco studiata e conosciuta dai medici, le donne colpite continueranno a soffrire senza trovare un rimedio.
Quando il dolore fisico è ignorato perché giudicato esagerato o immaginario, o scambiato per malessere psicologico, la salute e la vita stessa delle donne ne risente in maniera significativa.
Secondo un articolo pubblicato su Internazionale il 1 luglio 2021, nei pronto soccorso statunitensi le donne che riferiscono dolori addominali aspettano in media sedici minuti in più degli uomini prima di essere visitate e hanno il 7% in meno di probabilità di ricevere cure. Nel Regno Unito la sottovalutazione del dolore femminile, scambiato per ansia, contribuisce alla mancata diagnosi di infarto in circa il 50% dei casi. Da uno studio del 2020 condotto su pazienti con endometriosi, una malattia degli organi genitali femminili la cui diagnosi richiede in media dai sette ai nove anni, è emerso che l’associazione di dolore ginecologico e disagio mentale ha causato ritardi o mancate diagnosi nel 50% dei casi.
Le donne nere, asiatiche o appartenenti a minoranze etniche, che in ambito sanitario sono già penalizzate rispetto alle bianche, rischiano di veder minimizzato o ignorato il dolore per false convinzioni su una loro presunta diversa sensibilità.
In generale le donne soffrono di dolore cronico più degli uomini. Diventa dunque urgente che le cause e le conseguenze delle disparità in ambito clinico siano comprese a fondo, affrontate e soprattutto eliminate.