Alla fine di aprile il Consiglio federale ha adottato una strategia nazionale per “promuovere la parità tra donne e uomini”. Il progetto intitolato Equality 2030, manca completamente l’obiettivo dichiarato. Eccone una lettura critica.*
Qualche settimana fa, il Consiglio federale ha presentato la sua strategia Equality 2030. Questa potrebbe sembrare una buona notizia: dopo l’imponente sciopero femminista e delle donne* del 14 giugno 2019, mentre il paese celebra i 50 anni del diritto di voto alle donne e i 30 anni dell’introduzione dell’articolo costituzionale sulla parità, la politica di dota di un piano strategico per la parità.
Dietro alle belle parole…
Il Consiglio federale non ha lesinato sulla comunicazione e si è posto un lodevole obiettivo: “Le donne e gli uomini partecipano allo stesso modo alla vita economica, familiare e sociale, godono della stessa sicurezza sociale per tutta la vita e si realizzano in un ambiente rispettoso, libero dalla discriminazione e dalla violenza”. Il piano si propone di agire in quattro ambiti principali: promuovere l’uguaglianza nella vita lavorativa, migliorare la conciliazione della vita lavorativa e familiare, prevenire la violenza e combattere la discriminazione.
…niente di nuovo
In realtà, al di là delle belle frasi introduttive, c’è una grande delusione. Nel complesso, non ci sono nuove misure, ma piuttosto una sintesi delle misure già in atto o previste. Su diversi punti, il Consiglio federale passa la mano. Per esempio, ritiene che “la messa in discussione degli stereotipi di genere nelle scuole e nell’educazione è in gran parte di competenza dei cantoni”; che “facilitare la conciliazione è anche in primo luogo di competenza dei cantoni e dei comuni, o delle parti sociali” o ancora che, per quanto riguarda la lotta contro la violenza sulle donne e la violenza domestica, “la responsabilità è in primo luogo dei cantoni”. Quando osa andare oltre, è spesso per “esaminare l’opportunità di”, “elaborare un rapporto su”, “avviare un dialogo politico o strategico con”. Di questo passo, l’uguaglianza non è per domani…a meno che non si consideri l’uguaglianza “al contrario”.
Pensione a 65 anni!
Il Consiglio federale sostiene che “la situazione pensionistica delle donne sia migliorata considerevolmente”. Ancora una volta, però, non propone nulla di nuovo, affermando semplicemente di voler “allineare l’età pensionabile delle donne a quella degli uomini”. In breve, l’esecutivo vuole aumentare l’età pensionabile delle donne. Una misura che presuppone una visione di uguaglianza al ribasso, elitaria e per nulla rivolta al 99% delle donne di questo paese.
Una situazione preoccupante
L’allegato al piano, intitolato “Situazione attuale e statistiche”, mostra chiaramente che la politica di uguaglianza è carente: gli stereotipi di genere nell’educazione continuano a determinare le scelte nella formazione professionale e di conseguenza i percorsi professionali. Questo a sua volta porta a disuguaglianze in termini di salari, tassi di occupazione e carriere; il lavoro domestico e familiare, così come la cura dei bambini, rimangono appannaggio delle donne. Queste attività riducono l’autonomia economica delle lavoratrici per tutta la vita, anche durante la pensione; la povertà è più diffusa nelle famiglie monoparentali, più dell’80% delle quali sono composte da una madre e dai suoi figli; la maggior parte dei salari a tempo pieno inferiori a 4.000 franchi, sono delle donne; ogni giorno vengono commessi più di 55 reati di violenza domestica, e quasi tre su quattro di questi coinvolgono le donne. E la crisi sanitaria ha aggravato le disuguaglianze, colpendo in particolare le donne.
Non ci sono soluzioni e nemmeno risorse…
Il piano Equality 2030 non propone nulla per affrontare seriamente queste disuguaglianze, ignorando palesemente le richieste del Manifesto dello sciopero femminista e delle donne* difeso da centinaia di migliaia di persone il 14 giugno 2019!
Sul piano finanziario, il Consiglio federale non prevede alcun budget supplementare e assicura che “le misure previste per attuare la strategia saranno integrate il più possibile nelle strutture attuali e finanziate con le risorse esistenti”. Non si esclude la possibilità che gli uffici federali richiedano risorse supplementari, senza valutare le loro possibilità di ottenerle. La strada verso l’uguaglianza nella pratica sembra ancora molto lunga e la nostra mobilitazione è ancora necessaria!
Rivendicazioni ignorate
Equality 2030 non risponde in nessun modo alle richieste del movimento femminista e sindacale.
Uguaglianza nel mondo del lavoro
Per raggiungere la parità di salario, è essenziale valorizzare i lavori in cui le donne sono più presenti, in particolare nei settori della sanità e dell’educazione. Per rispondere a questa richiesta, la presidente della SSP, Katharina Prelicz, che è anche consigliera nazionale (Verdi), ha presentato una mozione intitolata “Rivalutiamo i posti di lavoro delle donne nell’assistenza e nella cura”. Il Consiglio federale ha respinto questa mozione, ritenendo che non si debbano prendere misure supplementari! In Equality 2030, l’esecutivo sta perseguendo una politica inefficiente ed elitaria. Propone di aumentare il numero di donne nelle posizioni di responsabilità, una misura che riguarda solo una minoranza di dipendenti; oppure di permettere ai datori di lavoro di condurre analisi salariali (Logib) per verificare l’esistenza di una discriminazione nella loro azienda. Queste analisi, già oggi obbligatorie, si limitano tuttavia alla parte cosiddetta “inspiegabile” della disuguaglianza salariale, senza alcun obbligo di correggere ogni possibile divario! Tali misure hanno già dimostrato la loro inefficacia. Quello che serve è un salario minimo, controlli statali e sanzioni.
Conciliazione lavoro e famiglia
Attualmente assistiamo a una carenza di posti negli asili nido e nelle strutture di cura dell’infanzia, i costi per la custodia dei bambini e delle bambine sono troppo elevati anche a causa dell’assenza di aiuti e sussidi. Inoltre, il personale di queste strutture dovrebbe poter avere migliori condizioni di lavoro e salari più elevati. Anche in questo ambito il Consiglio federale si accontenta di proporre un “dialogo politico” sulla conciliazione con i cantoni, i comuni e le parti sociali. Nient’altro che blah blah blah! Al contrario, è necessario trasformare la cura dell’infanzia in un servizio pubblico, gratuito e che garantisca buone condizioni di lavoro al personale.
Il Consiglio federale riesce anche a non scrivere una sola parola sul congedo parentale, una misura fondamentale se si vuole progredire nella conciliazione della vita lavorativa e familiare. Per noi è anche necessario lanciare un vero dibattito sulla riduzione dell’orario di lavoro, in un paese dove il diritto del lavoro prevede settimane di 45 ore e più!
Violenza
Il Consiglio federale ha in programma un dialogo strategico sulla violenza domestica e una tabella di marcia per la Confederazione e i cantoni. Nel frattempo, il femminicidio e la violenza di genere continueranno. Si prevede un generico sostegno finanziario a progetti e programmi per la prevenzione della violenza, senza indicare nessun montante preciso. Non una parola viene spesa sulle molestie sessuali sul posto di lavoro, che sono vietate dalla legge. Sarebbe semplice e urgente rivedere l’Equality Act introducendo, come minimo, l’inversione dell’onere della prova per i reati sessuali, la violenza domestica e le molestie!
Discriminazione
Il Consiglio federale si pone il lodevole obiettivo della tolleranza zero verso le discriminazioni, il sessismo e gli stereotipi di genere. Ma anche qui, le misure sembrano deboli rispetto alle sfide: un’analisi, certo approfondita, del diritto federale, l’informazione, la sensibilizzazione e il monitoraggio. La fine della discriminazione di genere però non sembra molto vicina.
*Il testo pubblicato in francese è stato scritto da Michela Bovolenta, segretaria centrale SSP/VPOD e tradotto in italiano dal Collettivo Io l’8 ogni giorno. È apparso sul giornale Services Publics del 28 maggio 2020.