In occasione della mobilitazione internazionale per il clima, il collettivo femminista Io l’8 ogni giorno ha aderito allo Sciopero per il Futuro, perché riteniamo fondamentale portare avanti la lotta femminista e la lotta ecologica insieme.
Ma cosa significa concretamente? L’ecofemminismo è la risposta.
L’ecofemminismo è un movimento sociale, politico e militante che nasce già negli anni settanta, si sviluppa in Occidente come nei Paesi a sud del Mondo assumendo varie forme differenti, e si interroga sulle relazioni esistenti tra l’oppressione della donna e lo sfruttamento della natura e degli animali. L’idea è proprio che il patriarcato e il capitalismo, come sistemi di dominio, hanno la medesima radice e sono produttori dei medesimi meccanismi: oppressione, sfruttamento e gerarchizzazione. Lo sfruttamento della natura e la sottomissione della donna hanno la stessa origine, un’economia cannibale che divora i corpi e i territori.
Ma perché proprio le donne si sono fatte portatrici di questo messaggio? In Occidente con il mito della civilizzazione – del progresso e dell’industrializzazione – vi è stato un graduale allontanamento dalla natura e dal legame con la natura, disconoscendo il legame con essa fatto di tradizioni, riti e cultura popolare e dipingendola in senso negativo. Questo non solo ha giustificato ovunque lo sfruttamento delle risorse naturali e degli animali, visti ora unicamente come risorsa, ma nei Paesi a sud del mondo è stato alla base dello sfruttamento dei popoli indigeni e delle loro risorse.
Associando la donna con la natura, essa e i valori femminili hanno assunto un valore negativo e sono stati relegati allo spazio della casa, creando quel binomio che è durato secoli di uomo/cultura, donna/natura. Questa antinomia ha varie traduzioni possibili: ragione/emozione, azione/passività, civilizzato/primitivo, pubblico/privato, ecc. La donna si è trovata così a svolgere una serie di attività non retribuite (accudimento di figli, famigliari e casa), chiamate attività di cura o riproduttive, che sono fondamentali per il funzionamento del sistema economico capitalista, il quale ha potuto sfruttare in tal modo gli uomini e il loro lavoro produttivo. Il lavoro della donna e la natura nel sistema capitalista hanno lo stesso ruolo: risorse da sfruttare senza risarcimento.
Questo legame imposto e manipolato tra donna e natura ha fatto sì che le donne siano più sensibili ai temi ecologici, anche perché, non dimentichiamo, essendo impegnate per la maggior parte nei settori essenziali, quali l’educazione, la sanità e l’alimentazione, sono i soggetti più a rischio in caso di crisi, anche di crisi climatica, e la pandemia l’ha ampiamente mostrato.
Nel mondo industrializzato sono le donne che si sono sentite in dovere di ribellarsi contro l’irragionevolezza della società industrializzata e militare – sostanze chimiche, rifiuti tossici, radiazioni dalle centrali nucleari, armamenti – per la protezione dell’alimentazione, della sanità, del corpo e della natura.
Ugualmente nei Paesi a Sud del Mondo. Le donne che quotidianamente devono la loro sopravvivenza alla ricerca e dalla conservazione dell’acqua, al mantenimento delle foreste e alla produzione della terra si sono poste alla testa di movimenti ecofemminsiti in lotta contro il sistema economico globale e le sue conseguenze sulle loro terre: lo sfruttamento e la devastazione delle risorse naturali, l’estrazione mineraria, la deforestazione, le monoculture, l’inquinamento della terra, l’oppressione dei popoli indigeni.
Queste donne da Nord a Sud del mondo si sono mobilitate per dire basta a un sistema che non le considera se non come risorse, che devasta e sfrutta tutto ciò che incontra. Lo hanno fatto con delle pratiche di resistenza e lotta alternative, vivaci e creative – fatte di arte, balli, travestimenti e abbracci di alberi – per rimarcare ancora di più l’insensatezza del sistema maschile. Lo hanno fatto ribaltando il paradigma donna/natura che da identità imposta è diventata un’identità di lotta. Lo hanno fatto ripensando e ricostruendo il legame con la natura e con gli altri esseri viventi. Lo hanno fatto ribadendo l’importanza di creare una società basata sui valori sbeffeggiati dalla cultura dominante: quali l’intersezionalità, la solidarietà, il pacifismo e la sostenibilità della vita.
Lo hanno fatto concretamente creando e reinventando dei sistemi sociali ed economici diversi da quello capitalista e patriarcale, come in America Latina.
E soprattutto lo hanno fatto mostrandoci che un’alternativa non solo è auspicabile, ma è possibile!