di Erika Zippilli-Ceppi
Un memorabile disastro del bon ton? In realtà io non so che cosa avrei fatto se fossi stata al posto di Ursula von der Leyen. So che, sapendomi donna in un contesto pensato da e per uomini, altro non avrei potuto fare, se non adattarmi a ruoli e spazi pensati al maschile. Ergo accomodarmi sul divano. Ursula, stammi a sentire, lascia perdere le poltrone mancate e libera la mente dalla soggezione ad un contesto che sin qui, con buona probabilità, hai ritenuto essere neutro e che invece neutro non è. Perché stracciarsi le vesti di fronte ad un protocollo infranto vestito di validità universale, ancorché rappresentante di un’istituzione tutta maschile? Tu di certo non ignori che l’Olimpo degli antichi greci era popolato da meravigliose divinità femminili, mentre nelle città le loro donne erano serve malnutrite e precocemente incinte. L’uguaglianza formale, che il migliore dei protocolli pedissequamente seguito avrebbe esibito, si scontra con la supremazia simbolica tuttora vigente anche da quelle parti. La quale non smette di suggerire che il contesto, che alla donna meglio si addice, non è la polis, non è la politica, quelli sono luoghi (e poltrone) per natura spettanti all’uomo. L’uguaglianza insomma non funziona e non paga. Si conferma un tentativo ideologico per asservire la donna, anche ai più alti livelli.
Ciò che Ursula ha ottenuto essendo stata eletta Presidente della Commissione europea, alla resa dei conti è una pura e semplice conquista formale. Una siede, anzi sta in piedi, al vertice di un’Istituzione pensata per mediare conflitti tra uomini, convinti di abbracciare la realtà intera, donne comprese. Un’Istituzione che, nella sua opera mediatrice tra interessi contrastanti, continua ad ignorare il senso e il valore della differenza di genere. Il punto non è conquistare il potere, ma re-inventarlo. Per fare ciò, alla donna tocca imporre una presenza sessuata, capace di trasgredire in prima persona dogmi prevaricanti previsti/imposti. Le tocca adottare la sola misura di cui ha davvero competenza: la propria esperienza umana femminile. La realtà può essere modificata facendo leva su questa possibilità. Non si tratta di opporre il valore di essere donna al valore di essere uomo. La differenza di genere è una parzialità. Il valore viene, può venire, da ciò che la donna rende possibile. In sostanza da ciò che le sue finalità, le sue aperture, il suo senso dell’esistenza rendono sperimentabile per tutte le sue simili.