I festeggiamenti per il 50 ° anniversario del suffragio femminile lasciano un sapore amaro in bocca. Purtroppo non vi è nulla da celebrare, anche se, certamente, dal 1971 qualche passo avanti è stato compiuto. Tra questi si può ricordare la legge matrimoniale, più equa per le donne, la decima revisione dell AVS, che per la prima volta riconosce i compiti educativi e assistenziali, la depenalizzazione dell’aborto e l’assicurazione maternità.
Tutti questi progressi sono stati possibili grazie alle lotte ostinate delle donne. Dal 2005 però, con l’introduzione dell’assicurazione maternità, nulla sembra essersi più mosso.
La revisione della legge sulla parità volta a garantire l’uguaglianza nella retribuzione, si è rivelata un’illusione, così come la rappresentanza delle donne nei consigli di amministrazione e nelle direzioni aziendali, di recentemente introdotta nel nostro codice delle obbligazioni. Infatti non vi è nessun vincolo o nessuna sanzione per le aziende che non rispettano la legge.
Solo il congedo paternità sembra aver rappresentato un piccolo passo avanti e, in ogni caso, con soli 10 giorni, i padri non avranno certo il tempo di investire in modo significativo nella necessaria condivisione dei compiti domestici e di cura.
La pandemia ha richiesto enormi sforzi da parte di tutti e tutte, ma soprattutto delle donne, che lavorano in maggioranza nei settori professionali più esposti alla pandemia e hanno sempre continuato a farsi carico delle mansioni domestiche, dell’educazione e della cura dei bambini e delle bambine.
Le spese sostenute per la pandemia sono divenute le nuove scuse per fingere che non ci siano i soldi per garantire l’uguaglianza dei salari.
Eppure l’uguaglianza tra donne e uomini fa parte, in termini negativi, del progetto di Riforma AVS 21, che allineerebbe l’età pensionabile delle donne a quella degli uomini, senza garantire la parità di salario.
A questo cinico e ingiusto progetto diciamo NO!
65 anni è ancora NO!