Riportiamo qui di seguito la traduzione di un articolo dei collettivi svizzeri per lo sciopero femminista e delle donne, di cui condividiamo pienamente i contenuti e le rivendicazioni.
Ci sono voci che ascoltiamo e altre che disprezziamo: il sì ai jet da combattimento è definitivo, mentre il no all’aumento dell’età pensionabile delle donne, già espresso due volte in votazione popolare, nel 2004 contro l’undicesima revisione dell’AVS e ancora nel 2017, viene rimesso in discussione!
Eppure, in entrami i casi abbiamo votato.
Lo sciopero femminista del 14 giugno 2019 includeva nelle sue 19 rivendicazioni il rifiuto dell’innalzamento dell’età pensionabile per le donne.
Abbiamo firmato a centinaia di migliaia l’appello della USS “Giù le mani dalle pensioni delle donne! “.
Ciò nonostante il Consiglio degli Stati discute l’AVS 21 come se non ci sia nulla di strano: la sua Commissione ha addirittura peggiorato il progetto.
AVS 21, già inaccettabile prima della crisi sanitaria, lo è ancora di più adesso!
Noi donne siamo la maggioranza delle persone esposte al virus: cura, pulizia, vendita e accudimento dell’infanzia. A questo si aggiunge l’aumento del carico fisico e mentale del lavoro domestico, educativo e assistenziale, che è ancora di nostra responsabilità nella maggior parte dei casi.
L’aumento dell’età pensionabile delle donne penalizza soprattutto quelle con le condizioni di lavoro più difficili.
Quelle che svolgono sia un lavoro retribuito sia un lavoro domestico, e che rischiano di esaurirsi, fisicamente e mentalmente.
Quelle che sopravvivono grazie a lavori precari e mal pagati e fanno fatica a sbarcare il lunario alla fine del mese, come molte madri single.
Quelle che hanno 50 anni e oltre e che si trovano in una situazione di disoccupazione di lunga durata.
Queste donne non potranno mai permettersi il pensionamento anticipato, a differenza di quegli uomini che hanno lavorato a tempo pieno, che hanno fatto carriera e hanno recepito alti stipendi.
Molti smettono di lavorare già all’età di 60 anni con una pensione alta, mentre la maggior parte delle donne deve lavorare fino alla fine per ottenere una rendita AVS insufficiente, perché spesso non hanno nemmeno un II° pilastro.
Le pensioni misere delle donne sono il risultato della discriminazione accumulata durante tutta la vita lavorativa: i nostri stipendi sono in media del 32% inferiori a quelli degli uomini, perché al divario salariale si aggiunge anche il tempo parziale a cui le donne ricorrono per riuscire a conciliare impegni professionali e familiari.
Risultato: una pensione del 37% inferiore a quella degli uomini.
AVS 21 non fornisce alcuna risposta a questa situazione di flagrante e persistente disuguaglianza, pur richiedendo un anno aggiuntivo di lavoro alle donne.
Questo è il motivo per cui chiediamo il ritiro dell’AVS 21, a favore di una riforma che aumenta le nostre pensioni, e non l’età pensionabile e in cui sia finalmente messo in atto un modello di previdenza pensionistica egualitario, solidale e sostenibile.
Lo sapevi che?
• Tutti ricevono l’AVS: uomini e donne prendono una media di 1.850 franchi.
• L’85% degli uomini e solo il 56% delle donne ha una rendita LPP: in media 1.550 franchi per le donne, 2.950 per gli uomini.
• Le rendite LPP sono molto disuguali. Secondo le cifre dell’Ufficio federale di statistica tra le persone che vanno in pensione (2018), un quarto degli uomini che smettono di lavorare all’età di 60 anni percepiscono una rendita di 5.000 franchi o più al mese, mentre un quarto delle donne che vanno in pensione a 64 anni riceve 530 franchi o meno al mese …
il pensionamento non è uno shock psicologico, ma finanziario …
Aline ha 72 anni, dopo aver cresciuto sua figlia ha divorziato. Vive con 3.400 franchi al mese, 2.000 dall’AVS e 1.400 dall’LPP. Ha lavorato all’80% e ha guadagnato 4.400 franchi netti al mese. La differenza di reddito è stata importante e lei, per rispettare il suo budget, deve calcolare tutto. A malincuore ha smesso di pagare 50 franchi al mese per finanziare l’istruzione di una bambina in Sud America. Non va più a teatro o all’opera perché è troppo caro. Eventuali spese impreviste, come cure odontoiatriche, l’acquisto di occhiali o un computer di seconda mano, la mettono in difficoltà e, solo dopo diversi mesi, riesce a ritornare in pareggio con le sue entrate e le sue uscite. Si concedere un unico extra: una volta al mese mangia al ristorante con sua figlia. È felice se sua figlia le dà cose che non usa più come la sua TV o il suo smartphone. Non si lamenta perché riesce a contare tutto, anche se le prende tempo ed energia. Non osa immaginare le difficoltà delle donne sole, con una pensione più bassa della sua.