Continua a far discutere l’iniziativa UDC in merito al divieto di dissimulare il viso in pubblico, che sarà sottoposto a votazione popolare il 7 marzo 2021. Si tratta di una strumentalizzazione politica dell’estrema destra che non ha nessuna vera volontà femminista, anche se di primo acchito potrebbe sembrare così e la campagna a sostegno del Sì utilizza proprio questa argomentazione per convincere la cittadinanza.
Ricordiamo che il femminismo è ben cosciente che queste aree politiche, all’occorrenza, si servono delle rivendicazioni femministe e, fingendosi paladine dei diritti delle donne, diffondono un pensiero razzista e maschilista.
Le donne musulmane che vivono in Svizzera e che indossano il burqa o il niqab sono, secondo le indagini del collettivo femminista Foulards violets, solo tre e non una ventina come sostenuto dal Consiglio Federale. In ogni caso, quale che sia il numero corretto, l’evidenza è che si tratta di cifre irrilevanti.
Nel formulare il nostro voto, ricordiamoci che la volontà dell’estrema destra punta a stigmatizzare le donne per colpire un’intera comunità, che è quella islamica, che invece in Svizzera è ben integrata.
Infatti, in generale, è molto raro vedere una donna velata in Svizzera e nella maggior parte dei casi si tratta di turiste.
Se la vista di una donna completamente velata o quasi, con il niqab o il burqa, suscita in noi donne occidentali delle emozioni contrastanti è molto comprensibile, ma si tratta di un nostro pregiudizio culturale che ci porta a pensare che le donne musulmane non siano libere di scegliere. Forse è così, ma allora l’articolo 181 del codice penale svizzero punisce la coazione e lo scopo dell’iniziativa appare vano, oltre che inutile.
Se però davvero queste donne non fossero libere di scegliere, quale sarebbe la conseguenza per loro qualora fosse imposto il divieto? Se la volontà di questa iniziativa è difendere veramente la libertà delle donne, chiediamoci quale libertà e consapevolezza potrebbero acquisire costoro, se rischiano di essere ancora più limitate nelle loro possibilità di movimento?
Come femministe rifiutiamo ogni forma di patriarcato e siamo ben consapevoli che le religioni, in particolare quelle monoteiste, concorrono al mantenimento delle donne in una condizione di subordinazione e sottomissione, ma qui non si tratta di difendere una fede o dei principi religiosi, quanto di garantire la libertà confessionale e soprattutto di opporsi alla strumentalizzazione del corpo e dell’abbigliamento delle donne.
Per questi motivi, voteremo NO il 7 marzo.